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Favorire un approccio Peer To Peer significa permettere il confronto tra pari a partire dalle proprie esperienze e conoscenze. Con l’espressione “approccio peer” si fa riferimento a un approccio partecipativo di insegnamento e apprendimento in cui alcune persone sensibilizzano altre simili a loro (per stato sociale o gruppo di appartenenza). Il concetto principale che sottende questo approccio è che la credibilità e la fiducia riposte in chi è simile può facilitare la trasmissione di un messaggio in grado di modificare conoscenze e comportamenti.

L’approccio della Peer Education annulla la distinzione tra docente e discente. Il peer educator, infatti, non trasmette conoscenza attraverso una comunicazione unidirezionale ma facilita la socializzazione tra i partecipanti permettendo una comunicazione circolare e stabilisce interventi educativi rivolti alla maturazione di livelli di consapevolezza rispetto alle tematiche oggetto del percorso educativo e alla presa di coscienza del ruolo che ciascun membro del gruppo può assumere.

I vantaggi della Peer Education sono diversi e ci ricordano che si tratta di una metodologia educativa che prevede finalità, tempi, modi, ruoli e strumenti ben definiti:

  • favorisce coinvolgimento ed empowerment individuale e di gruppo attraverso un processo partecipativo
  • Rende i membri del gruppo soggetti attivi del loro sviluppo e della loro formazione (non semplici recettori di contenuti)
  • Conferisce ad ogni persona un ruolo centrale nel proprio processo di apprendimento
  • Stimola lo sviluppo di senso critico grazie al confronto tra punti di vista diversi e una crescita personale
  • Facilita una sorta di interscambio “produttivo” che può evolvere in vere e proprie comunità di apprendimento in cui ciascuno contribuisce in maniera cooperativa alla costruzione di conoscenza

Didattica a distanza e peer education

L’avvento delle tecnologie digitali negli ultimi anni ha sicuramente influito sull’adozione di strumenti digitali anche in ambito didattico e il Covid-19 ha dato in questo senso una potente accelerata attraverso la didattica a distanza. Tra gli strumenti entrati nel nostro quotidiano ci sono proprio le videoconferenze che da un lato hanno rappresentato una grande opportunità di contatto (virtuale), dall’altro hanno reso più freddi i rapporti e difficili le interazioni. È stata questa consapevolezza a guidare l’innovazione di questi servizi: rendere la comunicazione tramite il digitale più umana aumentando il coinvolgimento delle parti.

Cosa sono le breakout room?

Tra le novità entrate in casa Google nel 2020 ci sono le breakout room, di fatto sessioni secondarie di una videochiamata, che offrono la possibilità di creare dei piccoli gruppi di lavoro in cui le persone possono discutere attorno ad un particolare problema prima di tornare alla riunione principale (al pari di una plenaria).

Una videoconferenza, analogamente ad un incontro in presenza, può inibire le interazioni specie se coinvolge un numero grande di persone, se queste non si conoscono, se hanno poca dimestichezza con lo strumento/luogo dove avviene l’incontro o se sono poco motivate a partecipare. Un’esperienza negativa di interazione può inficiare anche il processo di apprendimento e alla lunga il benessere delle persone, ecco perché è importante progettarla immaginando possibili punti di forza e di debolezza.

Il lavoro di gruppo è un esempio di approccio peer all’interno del quale la comunicazione risulta facilitata perché viene ridotto il numero di persone coinvolte e perché viene dato un obiettivo chiaro ai partecipanti da raggiungere in tempi stabiliti.

È bene specificare subito che questa funzione messa a disposizione da Google è disponibile solo per alcuni tipi di account (Essentials, Business Standard, Business Plus, Enterprise Essentials, Enterprise Standard, Enterprise Plus, Education Plus, Teaching and Learning Upgrade, Workspace Business e Nonprofit).

Come si creano le Breakout Room?

Creare le breakout room è semplice (qui tutti i passaggi): Google permette di creare le stanze prima dell’avvio della videoconferenza o a videochiamata avviata offrendo al moderatore la possibilità di scegliere a quale gruppo assegnare ogni partecipante o distribuendo gli utenti in modo casuale nelle diverse stanze.

Una volta avviata la riunione in GMeet, è possibile cliccare il bottone in basso a destra per scoprire le attività a mia disposizione che mi consentano di interagire con i partecipanti. Tra questi si può scegliere il primo: Breakout rooms.

Effettuato l’accesso allo specchietto di creazione delle stanze, è possibile definire il numero di stanze che si intende creare, potendo impostare un timer allo scadere del quale le stanze si chiuderanno in modo automatico facendo rientrare tutti i partecipanti in modo puntuale nella stanza principale (la famosa plenaria). E’ anche possibile assegnare ogni partecipante ad una stanza ben precisa trascinandovi il suo nome all’interno o dividere i partecipanti in modo casuale nelle stanze, cliccando su “shuffle”. E’ infine possibile cancellare le impostazioni attraverso il bottone “Clear”.

Durante l’attività di gruppo il moderatore ha la possibilità di entrare nelle stanze, cliccando su “Join” per offrire un supporto ai team e per seguire i processi in corso e di uscire dalla stanza cliccando su “Leave”.

L’esperienza della Peer Education al Fabschool 311 Verona

Abbiamo già parlato del mondo Fabschool: cosa sono i laboratori del fare? e oggi pubblichiamo il racconto di Emanuele, 19 anni, che ha vissuto la sua esperienza come peer educator all’interno di questo progetto che mette al centro dell’apprendimento il fare.

“In aprile mi è stata offerta la possibilità di raccontare le mie competenze in ambito videomaking ad un gruppo di studenti di terza, quarta e quinta superiore. La proposta mi ha affascinato fin da subito e si è rivelata un’esperienza estremamente formativa per me in primis. Le domande che mi hanno guidato nella ricerca dei contenuti e nella costruzione della presentazione sono state “Cosa interessa sapere ai miei interlocutori?” e “Il modo in cui mi approccio io al videomaking è l’unico, il migliore?” Mi sono documentato tantissimo ma la sfida più grande per me è stata dare una struttura a ciò che conoscevo e applicavo con una certa familiarità, ho riflettuto sul processo creativo per riuscire ad organizzarlo e raccontarlo agli altri. Il periodo dell’anno non ha permesso di lavorare in presenza e il focus del corso si è spostato sulla progettazione video (sarebbe risultato complesso e poco efficace parlare di riprese video e montaggio a distanza). La scelta della piattaforma da utilizzare è ricaduta su Google Meet e sullo strumento delle breakout room che mi hanno consentito di rendere la formazione estremamente esperienziale. Ho strutturato gli incontri alternando contenuti teorici in pillole e attività pratiche di gruppo per le quali facevo attenzione a creare i team favorendo dinamiche di condivisione interna e restituzione agli altri gruppi. Poi è iniziato il corso. Inizialmente i ragazzi erano sorpresi nel trovare un formatore così giovane, di fatto loro coetaneo, ma si sono subito lasciati coinvolgere e hanno partecipato in modo attivo a tutti gli incontri facendo domande e dimostrando entusiasmo. Alcuni di loro a fine corso mi hanno chiesto un feedback sui loro elaborati andando ben oltre all’attività proposta dal programma in sé. Durante gli incontri mi sono chiesto più volte che differenza ci fosse tra formatore e facilitatore e se io fossi più il primo o il secondo caso. Io credo fortemente nella logica per cui “Si impara facendo” perché fare significa capire e quindi apprendere e questo è il motivo per cui ho scelto di dare informazioni essenziali che mettessero le persone nella condizione di fare e di costruire il proprio sapere attraverso la sperimentazione e il confronto con punti di vista diversi”

Consigli per gli insegnanti

Ci sono modi più o meno direttivi di gestione dei team di lavoro e quindi anche le breakout room e questi dipendono sicuramente dallo stile dell’educatore ma anche dal contesto: il gruppo di studenti con i quali lavoriamo, i tempi a disposizione e così via. Se si pensa di aver bisogno di pianificare nel dettaglio l’esperienza lasciando poco margine di variabilità, è preferibile impostare tutto per tempo, prima di avviare la videoconferenza, e di dividere gli studenti in stanze. In ogni caso le attività di gruppo, specie se mediate attraverso il digitale, richiedono pianificazione di tempi e modi di interazione.

Sarà importante:

  • considerare un tempo congruo (sicuramente più dilatato rispetto a quello di un’attività frontale) che permetta un reale confronto all’interno del team
  • Definire obiettivi stimolanti, né troppo facili né troppo complessi
  • Dare indicazioni chiare ai gruppi prima di avviare le breakout room: ricordare i tempi a disposizione e gli obiettivi chiave da raggiungere prima di tornare alla sessione principale
  • Prepararsi psicologicamente a qualche imprevisto e lasciarsi sorprendere dalle dinamiche che si creeranno.

UX Designer, appassionata di orientamento e in formazione continua, lavora nel Terzo Settore ed è mamma di un piccolo uragano di nome Pietro.

311 Verona
E' un learning accelerator dove i giovani hanno la possibilità di sperimentarsi e scoprire i propri talenti attraverso un’alleanza intergenerazionale con le imprese del territorio.

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Peer Education con le Breakout Room