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Ogni giorno siamo bombardati da informazioni in Rete, soprattutto quando, nel nostro tempo libero, utilizziamo Youtube o TikTok per svagarci un po’. Negli ultimi anni hanno preso piede molte figure che approfondiscono online argomenti di vario genere o che fanno dei veri e propri tutorial mostrando ciò che fanno, in particolare nell’ambito del gaming. Gli streamer, ovvero le persone che pubblicano in tempo reale ciò che fanno, spesso mostrano come giocare.

Jiozi è uno youtuber con 314.000 iscritti, conosciuto grazie a un gioco di nome “Rocket League”. Come potrete capire ha molti follower e piace molto. È un ragazzo giovane, con una bandana sempre in testa.

Jiozi mentre gioca live

Nei suoi video commenta le partite e racconta cosa sta facendo o ha intenzione di fare, usando però un linguaggio molto volgare e sempre adeguato, soprattutto quando perde o trova premi che non sono di suo gradimento. In pratica la rabbia e l’agitazione non vengono contenute ma completamente esternate. Questo implica l’utilizzo di molte parolacce e insulti verso gli avversari.

Video in cui Jiozi gioca una partita in un torneo e la commenta

Reazioni esagerate?

Jiozi, come molti altri personaggi online su TikTok e Youtube, agisce in modo a volte troppo aggressivo e soprattutto usa un linguaggio carico di parole di odio. Si nota spesso come attraverso la Rete, purtroppo, si diffondano contenuti virali con personaggio che non diventano “famosi” per i loro talenti, ma per i loro atteggiamenti negativi.

Anche nel caso specifico, se lo youtuber cambiasse il linguaggio, la sua immagine sarebbe più pulita e i suoi video meno criticati. Alcuni ragazzi sostengono che sia divertente, ironico, spassoso ma forse non è così e l’esposizione a questo tipo di contenuto non è adatta a nessuna età. Tanto meno a quella di bambini e adolescenti che lo seguono.

Gli influencer diventano dei modelli per noi, questo lo sappiamo. E possiamo anche concludere dicendo, pertanto, che i modelli dovrebbero essere positivi.

Laura, Daniel Giang, Gerian

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Influencer e linguaggio scurrile, una riflessione